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Le interviste sono credibili? Esiste l’errore umano e la falsa risposta?

Posted: 11/12/2019 by SMILEIN®

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Customer Experience, rilevarla in quattro livelli.

Le interviste fuori e dentro i negozi sono ormai prassi per cercare di stendere un report qualitativo sulla base delle risposte del cliente. Ma queste sono credibili? Qual è il tasso di risposte false e come faccio a scoprire che lo sono? Esiste l’errore umano nel compilare una tabella mettendo la crocetta sbagliata?

 

Sono domande alle quali è forse impossibile dare la risposta e per questo che la scientificità del dato viene messa in discussione in quanto non abbiamo definito e dichiarato un margine di errore che la rende confutabile. In ogni caso questo non vuol dire che il dato NPS o i dati di mystery client non siano da tenere in degna considerazione ma è chiaro che non possono essere più considerati come il dato principe per l’indagine della customer experience nel retail. 

 

Queste indagini vengono svolte in luoghi differenti e con persone diverse rendendo le variabili di comunicazione e di approccio verso il cliente finale diverso: aspetto estetico della persona intervistante, precisione e capacità di trasmettere il messaggio, capacità di recepire la risposta dell’intervistato e la capacità di tradurre in un report interpretando le risposte…. Oltre questo la variabile della risposta falsa o casuale dell’intervistato, tutti sapete come vanno gli “exit poll”! Queste attività sondaggistiche sono importantissime e fondamentali per sintetizzare la propria immagine percepita dai propri clienti e non deve soddisfare solo gli addetti ai lavori ma deve essere trasformato in strumento di lavoro a tutti i livelli condividendo le informazioni utili per il miglioramento delle offerte globali verso il consumatore finale.

 

Ma qual è la soluzione?

Partiamo dai fondamenti logici e scientifici: Un primo livello che definisce anche il punto di partenza è la traduzione delle “emozioni”, o del “pensiero di pancia” dei consumatori, in un numero preciso per poterci lavorare e confrontare e avere delle prime informazioni utili da condividere: si chiama “voto”. Per fare questo è necessario avere sempre lo stesso strumento di confronto con il consumatore e preferibilmente qualcosa di impersonale che non indichi già la risposta.

Un secondo livello di approfondimento richiede una interattività con l’utente che può lasciare una specifica oltre al voto, ma anche in questo caso è necessario limitare le aree di interazione per compattare i dati in modo leggibile in ambiti stabiliti a priori che diano indicazione precisa statistica: si chiama voto di area tematica. In questo è importante non confondere chi si approccia in modo autonomo per lasciare un approfondimento. 

Un terzo livello è rappresentato dal commento libero di ognuno che interagisce con un “device” collegato e che ci consente di ascoltare il consumatore nelle sue profonde insoddisfazioni verso quel retailer: si chiama commento libero.

 

Il quarto livello può essere indagato dalle interviste promosse con grande professionalità da personale altamente specializzato, empatico, diligente e scientificamente consapevole. Da qui si ricava qualcosa specifico che differisce a seconda del settore e dell’indagine. La maggior efficacia e risparmio di tempo e denaro viene dall’utilizzo dei dati già raccolti in precedenza che sono da intendere “veri” perché spontanei e liberi e talvolta anonimi ma attenzione che se le domande superano una soglia

 

Per fare questo percorso di analisi serve una progettualità ed esperienza trasversale: il fai da te non funziona! 

Inoltre, attenzione a non chiedere troppe domande o pretendere l’auto profilazione del consumatore in un tablet abbandonato in negozio…. Ma di questo ne parliamo la prossima volta.

Misurare è meglio che curare!

 

Smile and live better 

Arch. Maurizio Lissoni

 

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